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Episodio 64. La seconda Guerra Mondiale. I Carabinieri nella campagna delle Alpi

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Secondo i volumi ufficiali di Storia dell’Arma, si inizia con i numeri. Dunque, “L’Arma dei Carabinieri partecipò alle operazioni belliche della seconda Guerra Mondiale con 36 battaglioni, 1 battaglione paracadutisti, 1 squadrone a cavallo, 1 gruppo autonomo, 19 compagnie autonome, 1 nucleo per la base tradotte, 410 sezioni (miste, alpine, per l’aeronautica, celeri e motorizzate), nuclei per i vari uffici postali, nonché con Comando Carabinieri presso i Gruppi di Armate, Armate, Corpi d’Armata, Intendenze, basi navali ed aeree, Divisioni e Brigate. I reparti, posti tempestivamente in approntamento secondo i progetti di mobilitazione e le richieste dello S.M.E., entrarono progressivamente nella campagna, a cominciare dal 10 giugno 1940. Seguendo le varie unità dell’Esercito e delle altre Forze Armate alle quali erano addetti, svolsero la loro opera su tutti i fronti e settori ai quali si estese l’azione bellica, compiendo servizi di polizia militare sia sui campi di battaglia che nelle retrovie e nei territori occupati, servizi speciali, a seconda delle necessità contingenti, servizi ordinari di polizia giudiziaria, di ordine pubblico, di sicurezza e di assistenza alle popolazioni civili dei territori nazionali e di quelli occupati, nonché azioni tattiche vere e proprie, a fianco della altre Armi” (Carabinieri 1814-1980, p. 458). Sempre i testi ufficiali indicano che “Per quanto riguarda le operazioni belliche vere e proprie, le due Armate dislocate sul fronte occidentale sostennero, dal 21 al 24 giugno 1940, quella che fu chiamata la «battaglia delle Alpi».

Spettarono alle Sezioni e ai nuclei dell’Arma i compiti specifici di polizia, specie nelle retrovie. Particolarmente efficiente fu, da parte dei Carabinieri, il servizio informativo sulle difese avversarie e quello di guida e di scorta nella zona di frontiera e nell’intero teatro delle operazioni. Nello stesso anno venne mobilitato a Torino un «Reggimento Carabinieri Mobilitato», che non prese parte però all’operazione sul fronte occidentale e venne successivamente trasferito in Albania, ove venne sciolto ed i suoi Battaglioni impiegati in modo autonomo”. Rochat e Massobrio così si pronunciano: “In realtà il problema è squisitamente politico: la preparazione militare di uno stato non può essere misurata in valori assoluti, ma soltanto in relazione agli avversari e agli obiettivi bellici, e non è responsabilità dei soli generali, ma risultato di scelte di fondo della politica nazionale”.

È evidente che l’Italia fascista era in forte ritardo nella sua preparazione militare e che anche in comparazione con la sola Francia vi era una evidente inferiorità in approvvigionamenti di mezzi, armi e munizioni. Dunque se anche tale sforzo francese non impedì il collasso del suo esercito di fronte a quello tedesco meglio organizzato ed efficiente è anche vero che in termini comparati il potenziale bellico italiano in quegli anni era cresciuto in modo marginale depauperato anche dalle campagne d’Etiopia e di Spagna che avevano drenato denaro e risorse riducendo le reali capacità operative delle Forze Armate italiane.

Fonti consultate:

Giorgio Rochat – Giulio Massobrio, Breve storia dell’Esercito italiano dal 1861 al 1943, Torino, Einaudi 1978.

Giorgio Rochat, Le guerre italiane 1935-1943, Torino, Einaudi 2005.

Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, Direzione dei Beni Storici e Documentali.

Credits per l’immagine di base della copertina: attribuzione: Goran tek-en (CC BY-SA 4.0)

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Spettarono alle Sezioni e ai nuclei dell’Arma i compiti specifici di polizia, specie nelle retrovie. Particolarmente efficiente fu, da parte dei Carabinieri, il servizio informativo sulle difese avversarie e quello di guida e di scorta nella zona di frontiera e nell’intero teatro delle operazioni. Nello stesso anno venne mobilitato a Torino un «Reggimento Carabinieri Mobilitato», che non prese parte però all’operazione sul fronte occidentale e venne successivamente trasferito in Albania, ove venne sciolto ed i suoi Battaglioni impiegati in modo autonomo”. Rochat e Massobrio così si pronunciano: “In realtà il problema è squisitamente politico: la preparazione militare di uno stato non può essere misurata in valori assoluti, ma soltanto in relazione agli avversari e agli obiettivi bellici, e non è responsabilità dei soli generali, ma risultato di scelte di fondo della politica nazionale”.

È evidente che l’Italia fascista era in forte ritardo nella sua preparazione militare e che anche in comparazione con la sola Francia vi era una evidente inferiorità in approvvigionamenti di mezzi, armi e munizioni. Dunque se anche tale sforzo francese non impedì il collasso del suo esercito di fronte a quello tedesco meglio organizzato ed efficiente è anche vero che in termini comparati il potenziale bellico italiano in quegli anni era cresciuto in modo marginale depauperato anche dalle campagne d’Etiopia e di Spagna che avevano drenato denaro e risorse riducendo le reali capacità operative delle Forze Armate italiane.

Fonti consultate:

Giorgio Rochat – Giulio Massobrio, Breve storia dell’Esercito italiano dal 1861 al 1943, Torino, Einaudi 1978.

Giorgio Rochat, Le guerre italiane 1935-1943, Torino, Einaudi 2005.

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